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PESCA A STRASCICO
Lo "strascico" è una tipologia di pesca molto diffusa, che rientra nell'insieme di tecniche di pesca "al traino", dove un attrezzo, quasi sempre una rete, svolge la sua azione di cattura mentre viene trainato da uno o più natanti.

In Italia, questa particolare attività è molto importante; i nostri pescatori, grazie ad una grande esperienza e alla profonda conoscenza dei fondali marini, hanno talmente migliorato tecniche ed attrezzature da poter fare scuola nel Mediterraneo e in altri mari, sui metodi di armare le reti e condurre le barche.
La pesca a strascico viene effettuata con diversi strumenti che, però, variano un po' da regione a regione; gli attrezzi principali sono, comunque, tre: le reti a strascico (costituite da molte pezze di rete, con filo di diverse dimensioni e maglie di varia apertura), il rapido e la sfogliara.
Il rapido è un attrezzo costituito da una rigida intelaiatura in ferro, sulla quale sono montati dei denti arcuati che scavano nel fondo marino; è usato soprattutto nell'Adriatico, e solo limitatamente nel Tirreno, per la pesca di sogliole, seppie e capesante. La sfogliara, invece, è una rete da traino a bocca fissa formata da un'asta (che ne garantisce l'apertura) fissata a due slitte che le permettono di scivolare sul fondo; attualmente il suo utilizzo è poco diffuso, in quanto si preferisce l'impiego del rapido.

La campagna di pesca a strascico (la cui durata varia da 2 a 15 giorni, a seconda dell'autonomia della nave) inizia con il trasferimento del peschereccio alla zona di pesca ad una velocità che varia dai 9 ai 12 nodi. Una volta raggiunta la zona individuata, si disinnesta l'elica dal motore per provocare l'arresto del natante e si inizia la posa in acqua della rete (operazione che in gergo viene indicata con il nome di "cala"). La presenza di piombi e galleggianti rispettivamente sugli orli inferiore e superiore della rete, ne garantiscono l'apertura verticale, mentre quella orizzontale è assicurata dalla presenza di due "divergenti", collegati al peschereccio tramite due cavi d'acciaio.
Quando tutta l'attrezzatura è in acqua, si provvede ad aumentare il numero di giri del motore, fino al raggiungimento di una velocità di traino di 4-5 nodi. Finita la strascicata, inizia il recupero del pescato, facendo avvolgere i cavi d'acciaio sui tamburi di un verricello, avvicinando i bracci della rete e unendo questi ultimi con una catena che viene poi agganciata tramite la "ghia" (corda in fibra vegetale, munita di gancio metallico).
A poppa del ponte di coperta avviene lo svuotamento del sacco, seguito immediatamente dalla rimessa in acqua della rete e, successivamente, dalla cernita e dall'incassettamento del pesce e dal suo trasferimento nelle stive frigorifere. In fine, si eseguono le operazioni di pulizia nella zona di lavoro. La pesca a strascico è presente in tutti i litorali italiani, ma è più praticata nell'Adriatico, dove si calcola operi circa il 56% della flotta a strascico nazionale.
Le principali specie di pesce catturabili con questa tecnica sono: triglie, naselli, cernie, pagelli, saraghi, sogliole, rane pescatrici, razze, palombi, scampi, gamberi rossi, aragoste, pannocchie, moscardini, seppie e calamari.

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